ReseBlog. La corsa in discesa

Terreni con fondi diversi, con alternanza tra discesa e salita, caratterizzano ogni trail o corsa in montagna. Saperli affrontare al meglio è fondamentale per ridurre non solo il tempo di percorrenza, ma anche il rischio di infortuni.
Se non ci si ferma al detto “in discesa rotolano anche i sassi”, si possono fare semplici e interessanti considerazioni.
Ultimamente nelle skyrace i tratti in discesa vengono affrontati a velocità sempre maggiori, grazie a un netto miglioramento delle tecniche di corsa.
Ai fini della valutazione dei rischi di infortuni è fondamentale valutare l’entità dell’impatto che si ha nel momento del contatto con il terreno. Al momento dell’arrivo a terra, dopo la fase di volo, i picchi di forza verticali nella corsa in discesa sono sensibilmente maggiori rispetto alla corsa in piano (+32% a -6 gradi di pendenza e +54% a – 9 gradi). Anche la componente orizzontale della frenata, ovvero la riduzione dell’energia cinetica al momento dell’arrivo al suolo, ha un aumento in discesa (+46% a -6 gradi e +73% a -9 gradi).
Una elevata pendenza determina quindi maggiori picchi di carico. Tali forze possono essere ridotte aumentando l’angolo di flessione al ginocchio nel momento di appoggio del piede e riducendo la lunghezza del passo.
 

Muscoli e discesa

Il lavoro eccentrico dei muscoli antigravitari è accentuato durante la discesa. Quadricipiti glutei e tibiali lavorano sotto tensione per controllare il loro allungamento. Conoscete quel dolore muscolare intenso che nei giorni successivi ad una gara vi fa scendere le scale al contrario? E’ causato dallo sforzo eccentrico per frenare la caduta. La corsa downhill crea infatti lesioni muscolari, stress ossidativi e reazioni infiammatorie. Con l’acronimo “Doms” (delayed onset muscolar soreness) si intende questo poco simpatico dolore non localizzato, distribuito sulle fasce muscolari, a insorgenza tardiva.
Dopo un allenamento o una gara con tratti di discesa il fisico necessita di tempi più lunghi per il recupero. Un corretto lavoro di rinforzo a dosi crescenti permetterà di ridurre l’entità dei danni muscolari (rabdomiolisi) e i conseguenti tempi di recupero.
 

Consigli tecnici

Per limitare i rischi di infortuni nei tratti in discesa è necessario lavorare sulla tecnica di corsa evitando tutti quegli errori che un principiante è solito compiere.

Posizionamento del corpo. L’errore classico è di restare troppo indietro con le spalle e il busto. Bisogna cercare di assecondare la discesa proiettandosi in avanti, in modo che il corpo sia perpendicolare al piano di appoggio e si resti il più rilassati possibile.

– Le braccia non hanno un ruolo propulsivo ma stabilizzante. I gomiti leggermente alzati possono essere il timone del proprio equilibrio.

– Lo sguardo. Per essere veloci bisogna guardare avanti ai propri piedi. L’obiettivo non può essere quello di vedere quale sia il punto esatto di appoggio. ma quello di anticipare salti, curve e cambi di direzione in modo da rendere il percorso il più fluido possibile. Evitando eccessivi cambi di ritmo si riduce il consumo energetico e quindi la fatica.

– Il contatto del piede al suolo deve avvenire in modo “silenzioso”, con tempi di appoggio brevi e frequenti. Questo si traduce in traumi meno forti sui quadricipiti. Appoggi di avampiede/mesopiede piuttosto che sul retropiede favoriscono un posizionamento in avanti del bacino e minori forze di impatto su ginocchia e schiena.
 

Articolazioni e discesa

Muscolatura a parte, si dice che la corsa in discesa sia dannosa, che correre in montagna provochi l’artrosi alle ginocchia e che occorre evitare i trail se non si vuole ritrovarsi a 60 anni con il bastone e la schiena ricurva…
Seppur da sempre sconsigliata a chi presenta problemi alle ginocchia e alla schiena, la corsa in montagna presenta anche notevoli benefici.
Il bilancio tra svantaggi e vantaggi non e’ stato ancora redatto. Prendiamo ad esempio il ginocchio: è vero che negli skyrunners si ha un aumento di patologie come osteortrosi o condropatie legate alla corsa in discesa?
Le patologie degenerative a livello articolare – ginocchio anca e schiena in particolare – hanno un’origine multifattoriale: predisposizione genetica, età, precedenti infortuni, densità ossea, lassità legamentosa. Inoltre ipotrofia muscolare, aumento dei carichi articolari e sovrappeso.
Premesso ciò, è innegabile che un aumento dei carichi sia in stretta correlazione con la degenerazione a livello articolare ,come dimostrato in questo simpatico studio.
 

Prendete 49 ratti, fategli una stimolazione intracraniale per fargli venire la voglia di correre per 15, 20 o 30 km su una sorta di tapis roulant, denervate le loro articolazioni per non fare sentire dolore. Risultato: ginocchia degenerate che non sono più buone nemmeno per farci il bollito.
Da un lato è indubbio che vi sia un aumento dei carichi durante la corsa, ma non tutti gli skyrunner sono dei topi denervati/decerebrati senza innervazione articolare. Anzi ,per assorbire i carichi maggiori, durante la discesa la muscolatura svolge un continuo lavoro eccentrico che è quanto di meglio si possa fare per migliorare il tono trofismo con effetto protettivo sulle articolazioni.
La corsa in montagna è inoltre lo sport che permette un maggior dispendio energetico, non solo grazie ai tratti in salita, ma anche nelle discese, dove si registra un aumento del consumo – rispetto al piano – per effetto del maggior lavoro muscolare.
Abbinata a una dieta corretta, la corsa in montagna è quindi il miglior antidoto contro il sovrappeso, con tutti i benefici che ne derivano per le articolazioni.
 

Conclusioni

La corsa in montagna prevede tratti in discesa che provocano sicuramente un aumento dei dolori a livello muscolare. Migliorando la tecnica è possibile guadagnare tempo e posizioni, prevenendo dolori e infortuni articolari. Non esistono peraltro studi scientifici che dimostrino una correlazione certa e diretta tra corsa in discesa e degenerazione di ginocchia, anche o schiena.
Allo stato attuale delle conoscenze mi sento tuttavia di affermare, che chi sceglie la corsa in montagna, ha sicuramente meno probabilità di sviluppare artrosi rispetto a chi pratica assiduamente il triathlon aperitivo, cena e divano.
 

Renzo Raimondi
www.fisiorun.it